Dalla Summer of Love del 1967 alla febbre del sabato sera, i bell-bottom sono il simbolo degli anni Settanta
Sono la tendenza delle prossime stagioni, sia delle invernali che delle estive, li abbiamo visti sfilare a New York, Londra, Milano e Parigi, e accolti con la naturalezza con cui si ritrova un amico di vecchia data, come li avessimo salutati il giorno prima, pronti a riprendere la conversazione da dove l’avevamo lasciata. I pantaloni a zampa di oggi sono gli stessi della mitica Summer of Love di San Francisco del 1967. Se dovessimo scegliere il momento della loro canonizzazione, potrebbe essere quello.
Strappati alla Beat Generation, che aveva iniziato a utilizzarli nel proprio look “contro”, sono una proprietà intellettuale del movimento dei Figli dei Fiori, più ricorrenti dello stesso simbolo della pace. La loro origine è incerta: gli storici li vogliono già in uso nell’Ottocento su alcuni corpi armati speciali, dalla U. S. Navy a quella britannica; per altri erano parte del completo da lavoro di fabbri e carpentieri addirittura dal secolo precedente (per proteggere le scarpe e gli stivali dalla caduta dei piccoli lapilli incandescenti dovuti alle forgiature e saldature). Insomma, capire a chi sia venuta l’idea di aprire a campana, dal ginocchio in giù, la gamba dei pantaloni, fino all’orlo, sembra un’impresa impossibile.
Di certo, c’è che agli stilisti quella trovata piace e, senza scontri sulla loro paternità come per altri indumenti elevati a oggetto di rivendicazione (come sarà la minigonna) la adottano universalmente. Dai festival di aggregazione degli hippie, dove va rigorosamente insieme a psichedeliche t-shirt tie dye e corone di fiori tra i capelli, scivola rapidamente sulle passerelle. Nel corso degli anni Settanta, la moda disinnesca la bomba “zampa d’elefante”: da metafora della disgregazione del sogno americano, pettinato e ordinato, borghese e guerrafondaio, diventa appannaggio del glamour da febbre del sabato sera, dei divi e delle dive del rock e della disco music. Da Lou Reed a Mick Jagger e David Bowie, da Janis Joplin a Donna Summer e Cher passando per gli Abba e i Kiss, è una semantica in evoluzione.
I bell-bottoms sono perfetti per enfatizzare i movimenti pelvici e scalcianti dei nuovi generi musicali, spostano l’attenzione dai fianchi in giù e permettono di giocare con la figura, allungandola al massimo in alto. Negli Stati Uniti c’è Halston con le sue Halstonettes, le modelle e giovani socialite con una vita rigorosamente sopra le righe, che lo circondano e accompagnano a ogni uscita, e poi ci sono le sferzate vintage-west piene di frange e paillettes alla Nudie Cohn.
Londra domina la scena europea, la boutique di Biba con i suoi mash-up fatti di kimono insieme ai jeans, di abiti d’epoca rimodellati, di mandala stampati, foulard e occhiali sfumati, a mosca, è una mecca per le tendenze. Le strade intorno a Chelsea sono lo specchio dei desideri di una generazione in fermento e i designer emergenti, che si chiamano Diane von Furstenberg, Yves Saint Laurent, la stessa Vivienne Westwood agli albori del punk, aderiscono alla causa con collezioni che ne assecondano gli ideali; il re della decade è lo scozzese Bill Gibb: romantico, eclettico e sferzante, nel suo figurino, che è la donna del momento, Twiggy, fonde le tecniche antiche dell’arte tessile al volo del presente. La stampa lo acclama. In Italia, Missoni e Irene Galitzine si reinventano in quella scampanatura, vestendola di fantasie in maglia e linee scivolatissime.
A consolidare la loro fortuna ci hanno pensato, oltre alla musica, il cinema e la pubblicità, che hanno costruito una geografia talmente varia che è difficile orientarcisi: il successo del genere spaghetti western li mette al macho pistolero in cerca di fortuna; le avventure spaziali li portano su galassie lontane, mentre quelle dell’horror animato di Scooby Doo li sdoganano per ogni genere e carattere. E poi c’è Tony Manero: basta il nome per vedere il suo profilo stilizzato col braccio alzato, le gambe aperte, leggermente piegate e i pantaloni a zampa, pronto per scatenarsi sulle note dei Bee Gees. Con le sue movenze ci prende per mano e ci traghetta verso i due decenni dove sarebbero stati in pausa per un po’, giusto il tempo di far crescere la nostalgia dei Millennial.